Mi capita continuamente di confrontarmi con amici e potenziali clienti sulle statistiche web, specie oggi che pare siano tutti degli esperti di analytics.
In passato me ne sono già occupato, ma vorrei ripeterlo ancora: le statistiche dicono cosa fa l’utente, ma non dicono il perché.
Ad esempio, se hai acquistato pubblicità per portare 1000 utenti nel tuo sito di ecommerce e 10 acquistano qualcosa, più che rallegrarti del risultato dovresti chiederti perché 990 utenti non acquistano.
Altro esempio: se una certa pagina viene vista dal 90% degli utenti di un sito non significa che questa pagina ha successo. Magari gli utenti ci devono cliccare per forza. Se invece ci vanno deliberatamente, comunque nessuna statistica ti potrà dire se la pagina gli è stata utile o meno. O se ad esempio ha cambiato la loro propensione all’acquisto.
Da quando lavoro con gli utenti, facendo test di usabilità o semplicemente guardandoli navigare (è una cosa che adoro fare anche con gli amici a casa), ho investigato questi dubbi e il più delle volte le risposte sono disarmanti.
Spesso gli utenti vedono tante volte una pagina perchè semplicemente sbagliano a cliccare, convinti che in quella pagina ci sia altro.
Altre volte un’informazione che è vitale è nascosta in mezzo ad altre in una pagina che era pensata per comunicare qualcosa di totalmente diverso.
Infine, alcune volte, l’informazione che un utente cerca è in una pagina che fa pochissime visite. Nessuno si chiede il perché, d’altronde quella pagina nelle statistiche non si vede neppure.
Insomma, raramente l’utente trova esattamente quello che cerca. E spesso non decide perchè non ci riesce, anche se è molto motivato.
In ognuno di questi casi, la risposta è che il sito sta lavorando male. Soprattutto, si chiede all’utente di fare degli sforzi cognitivi per risolvere problemi apparentemente semplici, ma che non scopriremo mai guardando solo le statistiche.
Pensavo di essere uno dei pochi a vederla così, poi ieri ho letto un articolo pubblicato su L’Internazionale dal titolo “Il carrello che pensa“. Parla del marketing dei supermercati, un settore dove il marketing è talmente evoluto che ormai riesce a misurare anche la differenza del numero di scarpe tra chi compra il burro o la margarina.
Ecco un estratto dell’articolo:
Nonostante le nuove tecnologie, uno dei metodi più efficaci per approfondire “l’esperienza del cliente” resta comunque quello di parlare. Scott Bearse, un esperto della vendita al dettaglio (…) ha diretto diversi progetti in cui a migliaia di persone è stato chiesto come si sentivano quando andavano a fare la spesa.
Tutto è cominciato quando un’azienda si è lamentata di avere montagne di dati sulle persone che entravano nei suoi negozi e comperavano qualcosa, mentre non sapeva quasi niente su quelle che se ne andavano senza fare acquisti (la maggioranza). [...] Alcuni inoltre affermano di uscire dai negozi a mani vuote non tanto per i prezzi troppo alti, ma perchè “non riescono a decidere”.
È quello che succede in molti siti web.
In un sito che offre dei servizi o la pura consultazione di contenuti, spesso l’esperienza dell’utente è terribilmente frustrante, al di là di ogni immaginazione e di ogni possibile spiegazione che cerchiamo di dare guardando le statistiche del sito.
Le statistiche servono, ma non danno una misura della vera esperienza degli utenti. Lavorando con gli utenti si possono creare servizi migliori e molto più performanti.
È questa la vera chiave. Si può provare, no?
13 commenti ↓
Post molto interessante… ma un pò disarmante.
E adesso?
quel che dici è sacrosanto, infatti parte della “nuova” web analytics si sta spostando sui feedback degli utenti, più o meno forzati.
Penso però che sia altrettanto vero che i fenomeni “di massa” non sempre si possano ricavare per deduzione osservando alcuni utenti, specie in siti di grosse dimensioni.
tambu: ma non è web analytics, è marketing.
sps: eh, adesso si lavora con gli utenti, non fanno più i siti a caso. ma già da un po’ di anni, solo che purtroppo i clienti se ne devono ancora convincere… (ma non tutti, c’è un cambiamento epocale in atto)
tambu, dimenticavo.
sui fenomeni di massa è un altro discorso: il social design studia appunto come agiscono i gruppi di utenti, ma è ancora una materia poco nota. e sicuramente per questo l’analytics può aiutare.
in realtà, però, alla fine, quando tu usi un social network, sei solo nella tua stanzetta, mica in mezzo ai tuoi 200 amici…
Post molto interessante.
Il tema dell’interpretazione dei dati statistici è un vecchio tema, presente in ogni disciplina sociale (biologia compresa), mentre quello dell’interpretazione dei… dati assenti è un problema addirittura epistemologico!
Ciao Alberto, sono d’accordo con te. E ti segnalo questo interessante post di Google riguardo i risultati di ricerca:
http://googleblog.blogspot.com/2009/02/eye-tracking-studies-more-than-meets.html
quelli di google dicono 2 cose veramente interessanti:
1. Of course, eye-tracking does not really tell us what they are thinking, but it gives us a good idea of which parts of the page they are thinking about.
(che poi è quello che sostengo anch’io)
2. Our User Experience Research team has found that people evaluate the search results page so quickly that they make most of their decisions unconsciously.
(questo è molto più subdolo: più usiamo un’interfaccia, più la usiamo “inconsciamente”. materia per un altro post )
[...] sull’argomento statistiche web e utenti, perché ho letto un post che praticamente mi ha letto nel pensiero: Do you see numbers or [...]
[...] come dico da tempo, analisi delle statistiche e ricerca sugli utenti devono procedere assieme, per capire veramente [...]
[...] Come sincronizzare gli eventi di Facebook con Google Calendar Ti è piaciuto l’articolo, eh? OFFRIMI UNA BIRRA! (è sufficiente essere iscritti a Paypal o avere una carta di credito, anche Postepay) Condividi : [...]
[...] anche una frase che ripeto da diversi anni e che, vedendola scritta dai ragazzi di Google, mi fa sorridere placidamente di soddisfazione: You [...]
[...] Cioè, insomma, perfino ad Harvard insegnano ai manager (o meglio: agli imprenditori e innovatori) ad andare oltre i numeri. [...]
[...] dico da tempo, le statistiche non bastano e questi sono chiari problemi ai quali solo la ricerca qualitativa può dare risposta, specialmente [...]